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L'isola di Ly 

 

 

 

Ly annusava l’aria soddisfatto da tutti quegli odori così diversi dal solito. Il cielo stellato non bastava ad illuminare le strane piante ed i fiori che crescevano in quel punto della riva del lago, ma Ly aveva lo sguardo affinato del predatore notturno.

“Cosa ci fai qui?”, chiese una voce squillante come la pioggia sul dorso di una tartaruga.

Ly si girò alla ricerca dell’essere che aveva parlato; annusò l’aria per sentire il suo odore; si concentrò per ascoltare il rumore del suo respiro. Ma niente. Pensò, allora, di aver sognato. Forse era colpa di quel luogo così diverso da tutti gli altri. Una spiaggia incantata dove crescevano piante favolose, fiori profumati e frutta dolcissima. Probabilmente tutti quegli odori gli avevano dato alla testa, proprio come dicevano gli altri membri del branco. Venire in quel luogo di notte, per evitare la pazzia che l’aggrediva di giorno, era stato inutile. Le voci che sentiva nella testa, ora sembravano reali. Ripensò a tutto quello che era successo e a ciò che gli dicevano gli altri lupi... “Sei impazzito per terra e fiori, invece di cercarti una compagna e condividere la caccia. Quel posto ti ha stregato. Un lupo non può innamorarsi di cose del genere. Non è nella sua natura”, aveva detto il capo branco. La sua era stata una minaccia velata. Ma Ly era duro e testardo, e poi, che colpa ne aveva se nessuna femmina lo attirava e lo appassionava se non per un effimero istante? Che colpa ne aveva se preferiva cacciare da solo?

La spiaggia incantata era la sua unica passione. Sentiva che quel luogo era unico e accogliente come il ventre di mamma lupa. Gli altri lupi non avrebbero mai potuto capire. Loro non si sarebbero mai sognati di intrattenersi in un posto del genere. Sapevano che, per bere, bastava un punto qualsiasi del lago, mentre per arrivare alla spiaggetta incantata, il sentiero passava tra cespugli di rovi, armati di lunghe spine. Ma Ly era diverso, o almeno così si sentiva. Non disdegnava di affondare i denti in un bel cervo o in una morbida lepre; lo eccitava il sapore del sangue e l’odore di una femmina in amore, ma amava di più i colori, gli odori, lo scintillio dell’acqua e la luna che ci si specchiava. Era colpito dalla velocità con cui un fiore sbocciava in poche ore e ascoltava beato il ticchettio della pioggia sull’acqua. Quel luogo aveva tutto questo, e anche di più.

La prima volta che c’era andato, aveva scorto un’isola al centro del lago. Stupito, si era reso conto che era la prima volta che la vedeva, come se quel luogo fosse magicamente visibile soltanto dalla spiaggia incantata. Da così lontano, resa azzurrina dall’aria e dal calore che si alzava dall’acqua, l’isola appariva quasi sospesa su una nuvola. Sembrava galleggiasse sul desiderio di Ly, fluttuando al ritmo dei battiti del suo cuore. Il lupo non capiva fino in fondo quel desiderio, eppure gli appariva irresistibile. Quel giorno, irretito dalla magia di quel richiamo, fu vicinissimo a gettarsi nell’acqua, attirato come una falena dalla luce. Avrebbe nuotato fino a raggiungerla, anche se era lontanissima, e avrebbe scoperto tutti i suoi segreti. In fondo, Ly non aveva paura di niente, era un istintivo. Ma poi aveva scorto il movimento sotto il pelo dell’acqua e aveva ricordato gli ammonimenti degli anziani: “Il lago è proibito”.

Ritrovato il senno, si era seduto sulla riva accontentandosi di guardare l’isola, inebriato dal profumo dei fiori. Ogni tanto un’onda lo avvertiva del pericolo che si nascondeva nell’acqua facendogli riprendere il controllo del suo desiderio. Ma ogni volta era più difficile perché era sempre più forte la voce che gli sussurrava di tentare: “Puoi farcela. Niente si ottiene senza dolore. Vieni a vedere cosa ho per te. Se non verrai, non lo saprai mai. Cosa fai lì, se tutto quello che desideri è qui? Non rimarrò visibile per sempre. Un giorno sparirò e tu diverrai cieco. Tuffati e rischia di morire per arrivare a vivere; oppure rimani, e rischierai di vivere solo per arrivare a morire. Tutto quello che vuoi, io ce l’ho. Lo tengo in serbo per te. Sei così vigliacco da rinunciare per paura?”

Ly comprendeva che tutte quelle domande nascevano nella sua testa, ma sapeva anche che era quel luogo a suggerirle. Se avesse deciso di non andare più alla spiaggetta incantata, forse la sua pazzia sarebbe guarita; ma sarebbe stato troppo. Avrebbe dovuto rinunciare al suo desiderio. Allora pensò di sfuggire alla pazzia rinunciando solo a una parte di se stesso. Decise di non tornare più alla spiaggetta di giorno, perché non sapeva se avrebbe resistito nuovamente al richiamo dell’isola; così cominciò ad andarci di notte, accontentandosi di ciò che i suoi sensi acuti gli donavano dell’incantesimo della spiaggia. A volte, quando la luna era piena e gettava la sua magica luce sull’acqua argentea del lago svelando la presenza dell’isola, Ly si struggeva alla potenza del suo richiamo ed alzava il muso verso la pallida dea ululando tutto il suo desiderio. Avrebbe voluto condividere con i suoi compagni tutte quelle sensazioni, ma loro non comprendevano il suo sguardo verso l’orizzonte. Non capivano come fosse possibile impazzire di fantasia grazie ad un semplice plenilunio. Si chiedevano, dubbiosi, cosa potesse mai cercare che già non possedesse. Non capivano che la seduzione di quel luogo non era nella spiaggia, nell’isola, nella luna, ma nel modo in cui tutto ciò faceva sentire il lupo. Per fortuna quella notte la luna era solo una piccola ciglia di luce nel cielo stellato.

“Cosa ci fai qui?”, chiese nuovamente la voce.

Ly trasalì. Non poteva averla immaginata nuovamente. Era così diversa dalle voci nella sua testa. In fondo sapeva benissimo che si può scambiare la fantasia per realtà, ma mai la realtà per fantasia. Chi poteva parlare in un luogo del genere? Forse era la luna che gli stava rispondendo?

“Chi sei?”, chiese allora il lupo.

“Mi chiamo Dide. Doppia D per gli amici. È un po’ che ti osservo. Vuoi essere mio amico?”

“Amici? Non lo so se è possibile. Tu ti nascondi nella notte e io non ti vedo e non ti annuso; dove sei? Cosa sei? Non hai paura di me? Potrei mangiarti; è il mio istinto. Tu, per me, potresti essere il mio istinto.”

Allora Ly sentì un soffio leggero e un rumore dolce che gli penetrava nelle orecchie e nel cuore, e pensò che quel luogo fosse veramente magico. Nonostante percepisse di essere profondamente diverso da Dide, comprese anche che nessun essere gli assomigliava di più, e si abbandonò a quei sussurri. In un attimo Ly se ne innamorò, alzò il muso al cielo e cantò la sua canzone alla luna come non aveva mai fatto.

Dide ascoltò il canto selvaggio e su quelle note struggenti mise il suo piccolo, grande cuore, per farlo trasportare fino alle stelle. Nonostante fosse spaventata da quell’essere così diverso, capì che i loro animi erano indissolubilmente legati come due immagini in uno specchio, e si abbandonò a quel canto. In un attimo Dide se ne innamorò. I due esseri divennero uno solo come anima e corpo, ardore e coraggio, sangue e cuore.

“Cosa ci fai in un posto del genere? Tutti questi fiori e questi profumi sono più adatti ad una creatura come me, che a te” disse Dide.

“Dove vivi tu non ci sono fiori?” chiese Ly.

“Certo che ce ne sono e fino a quando non ho visto questo posto pensavo che fossero i più belli del mondo, ma poi… qui è tutto così profumato. Di giorno è bellissimo. Al centro del lago c’è un’isola magica. Si dice che due cuori innamorati che riuscissero ad arrivarci, si trasformerebbero in uomo e donna, e sarebbero felici per sempre. Ti piacerebbe andarci… con me?”

Ly chiuse gli occhi con il cuore gonfio d’amore e prese lo slancio per gettarsi nell’acqua.

“Fermo! Cosa fai? Non sai degli abitanti mostruosi che nuotano nell’acqua? E degli uccelli famelici che solcano i cieli?”

Ly si frenò a stento.

“Se tu veramente credi di poter andare sull’isola con me, devi aspettare. L’estate passerà; arriverà l’autunno, e poi l’inverno. I pesci scenderanno in letargo nelle profondità del lago e gli uccelli migreranno verso posti più caldi. Allora andremo.”

Così Ly si sedette sulla sponda del lago e cominciò ad aspettare, mentre doppia D gli parlava d’amore. Giunse il mattino e Dide se ne andò, ma promise che sarebbe tornata presto. Ly continuò ad aspettare, nonostante il giorno avesse portato la luce; la luce avesse portato la vista dell’isola; la vista dell’isola avesse portato il richiamo; il richiamo avesse portato la pazzia.

Giunse la notte e Dide tornò, e parlarono d’amore fino al mattino. Poi si salutarono e doppia D se ne andò.

Con il giorno tornò la luce, l’isola, il richiamo e la pazzia. I compagni di Ly vennero a cercarlo, ma lui li mandò via perché, ormai, pensava soltanto a doppia D e all’isola.

Giunse la notte e Dide arrivò a confortarlo, ma poi dovette nuovamente andar via.

Per la terza volta il mattino trovò Ly sulla spiaggia incantata e decise di punirlo per tanta testardaggine. Rese il giorno così luminoso e limpido da far apparire l’isola più vicina e più bella che mai e Ly impazzì definitivamente. Il cielo era pieno di uccelli e l’acqua era solcata da onde minacciose, ma lui non aveva paura di niente. Prese lo slancio e si gettò nell’acqua nuotando con tutta la forza di cui era capace. Dopo cento metri qualcosa lo attaccò e sentì la corazza dura di squame di un pesce mostruoso che lo sfiorò, allora scalciò e colpì, e nuotò ancora più forte, ma venne nuovamente attaccato. Allora si tuffò e morse e lacerò e scalciò, e nuotò ancora più forte. Il sangue uscì in mille, e mille gocce, e colorò l’acqua del lago di un rosso che sarebbe durato per sempre. Cento e cento volte gli esseri mostruosi del lago lo attaccarono e lui si batté con tutta la forza del suo corpo e del suo cuore, e infine giunse sull’isola.

Il corpo era ricoperto di ferite, l’osso di una zampa spezzato, ed il freddo mordeva peggio dei denti dei pesci drago. L’isola era deserta e una fitta e buia foresta la ricopriva come ispida barba sul viso di un gigante. Ly osservava gli alberi con occhi lucidi di febbre. Se si fosse inoltrato in quella selva, stremato, ferito e pazzo di solitudine, non sarebbe più riuscito a ritrovare la strada per la spiaggia. Ma sapeva che presto sarebbe andata meglio; Dide l’avrebbe raggiunto e avrebbe spezzato quella solitudine. Sarebbe tornato completo, finalmente. Sarebbe diventato un uomo.

Quasi a sussurrargli conforto, giunse la notte e Ly, sfinito, sulla spiaggia dell’isola, si addormentò. Quando aprì gli occhi, si accorse di non essere più un lupo. Aveva gambe lunghe e mani; il corpo privo di peli e la capacità di camminare eretto. Era un uomo. Di fronte a lui c’era lei, Dide, trasformata in donna. Dide rise vedendolo, e fuggì verso l’interno dell’isola. Ly la inseguì finché non la vide entrare in una grotta.

La ragazza si fermò ed alzò lo sguardo verso l’alto. “Non toccarmi o sparirò per sempre. Dobbiamo aspettare”, disse all’uomo che era stato un lupo.

Ly non comprendeva perché, ma ubbidì e si guardò intorno. La gigantesca caverna si allungava per un centinaio di metri ed arrivava ad un’altezza di sessanta. Stalattiti enormi ed appuntite scendevano dalla volta, mentre a terra le stalagmiti avevano assunto la caratteristica forma a dischi sovrapposti. In uno dei punti in cui il calcare era penetrato più profondamente tra gli strati del terreno sovrastante, le formazioni millenarie e pazienti, scaturite dal gocciolamento incessante, avevano formato un incredibile monumento alla natura. Nessun architetto avrebbe mai potuto eguagliare tanta armonia e bellezza. Tetti, guglie, statue e balconi sospesi. Strati di roccia di diverso colore: a volte lisci marmi, altre volte quarzi luccicanti e granulosi. In alcuni punti le lastre di minerale sembravano infilate nella parete dal martello di un gigante, in altri, stalattiti e stalagmiti si erano unite a formare colonne che davano l’impressione di sostenere la volta. In fondo alla grotta una cascata scendeva dall’alto e si infilava in una spaccatura trasformandosi in un fiume sotterraneo che andava chissà dove. La parete, fradicia di acqua ghiacciata, brillava per la presenza di microrganismi fosforescenti. Un piccolo laghetto d’acqua smeraldina riempiva la conca a ridosso della parete di fondo. Lo spettacolo era incredibile: l’acqua proiettava strani riflessi verdi sulla volta. Tutto sembrava mutabile e colorato come mai nessuno avrebbe pensato di un luogo buio e immobile come una grotta.

“Non è bellissimo questo posto? La magia dell’isola viene da qui. In questo luogo c’è il passaggio segreto per la felicità. Guarda”, disse Dide raccogliendo un ciottolo e scagliandolo verso una piccola colonia di pipistrelli che se ne stavano appesi a testa in giù. Gli animali volarono via, squittendo infastiditi. Dopo un paio di giri della grotta, tornarono a sorvolare il laghetto. “Eccoli”, disse Dide attenta.

Per un attimo Ly pensò che gli animali si sarebbero nuovamente aggrappati alla volta, ma poi li vide dirigersi in picchiata verso l’acqua e tuffarsi senza esitazioni. Lo stupore sul suo viso strappò un sorriso alla ragazza.

“È inutile che aspetti di vederli riemergere. In questo momento staranno già volando all’aria aperta”

“Pipistrelli nuotatori? Mai sentito niente del genere. Vuoi dire che il laghetto comunica con l’esterno?”

“Sai nuotare? Basta un piccolo tuffo là sotto e, dopo un paio di metri di roccia si esce all’esterno. Forza. Andiamo”, disse Dide entrando nell’acqua.

Ly osservò il corpo perfetto della ragazza e sentì l’emozione aggredirlo alla gola e allo stomaco. Non poteva farci niente. L’effetto che Dide aveva su di lui era prorompente.

“Dai, vieni”, disse la ragazza allungando una mano verso di lui.

L’uomo lupo entrò velocemente in acqua sperando che lei non lo guardasse troppo. Dentro era bollente. Non si era mai vergognato del suo corpo di lupo, ma ora aveva timore che lei lo trovasse troppo magro nei panni di un uomo.

“Non ti vergognerai? Guarda che ti ho già visto nudo” disse Dide.

Il giovane aveva uno sguardo smarrito e serio come lei non gli aveva mai visto. La ragazza ne era divertita e, allo stesso tempo si sentiva piena di potere. Consapevole di ciò, indugiò volutamente con lo sguardo sul giovane. Senza nemmeno rendersene conto, il suo corpo assunse un atteggiamento completamente nuovo. Il profondo respiro di cui sentì l’improvvisa necessità, la lasciò con il seno eretto. Spinse la piatta e deliziosa pancia all’indietro ad accentuare la rotondità del piccolo e armonioso sedere e si portò la mano destra al collo per togliere i capelli bagnati. Fece ancora qualche passo nell’acqua e si fermò a un paio di metri dalla parete rocciosa, poi si voltò verso l’uomo lupo, consapevole dello sguardo di lui sul suo corpo. “Dai”, disse Dide nuovamente, esortandolo a raggiungerla. Si accorse, imbarazzata, che la voce era uscita roca e strana, a fatica, dalla sua gola. Il giovane le diede la mano trasmettendole una scossa che la spaventò. Ritraendosi improvvisamente, la ragazza si tuffò, sparendo sott’acqua.

Ly si sentì privato di qualcosa che gli era stato promesso. Dide lo stava facendo impazzire. Si gettò nell’acqua buia con la sensazione che stesse facendo la stessa cosa con la sua vita. Per un attimo ebbe il timore che l’acqua fosse abitata dai pesci drago. Quando riemerse boccheggiando, si guardò intorno disorientato. La pozza d’acqua dove si era ritrovato, sembrava la gemella di quella all’interno della grotta. Tutto intorno c’erano pareti dritte e lastroni di roccia lavica resi lucidi dall’umidità. La pozza era alimentata da una serie di salti d’acqua che scendevano nel piccolo canyon. La luna piena colorava di blu la notte. Rimase immobile, con l’acqua appena sotto al petto, stordito.

“Sei bello”, disse la voce della ragazza.

Ly si guardò intorno sorpreso, come la prima volta che aveva ascoltato la sua voce, poi finalmente la vide.

Dide aveva fatto un passo avanti dalla parete di roccia che la rendeva invisibile. “Vieni”, gli disse.

Ly fece qualche passo nell’acqua, finché non si accorse dell’erezione che testimoniava la sua eccitazione. Si bloccò intimidito. Si vergognava delle strane sensazioni che quel corpo gli dava.

Dide sembrò capire, ed entrò nell’acqua andando incontro all’uomo. Gli si fermò davanti con lo sguardo brillante d’attesa e lo abbracciò appoggiando il capo sulla sua spalla. Lui contraccambiò l’abbraccio, prima timidamente, poi, sempre più energicamente, coinvolgendo tutto il corpo in quello scambio di energia. Lei mandò un gemito quando sentì l’erezione dell’uomo: staccò il volto dalla sua spalla e piantò gli occhi nei suoi come a cercare il segreto di ciò che provava. E tutto ad un tratto, tutte le barriere cedettero. Ly non ebbe più paura di fare l’amore per la prima volta da uomo; sentì che quell’abbraccio l’aveva liberato dalla pazzia. Dide non ebbe più paura di abbandonarsi a qualcosa che non poteva combattere e si sentì padrona di se stessa, finalmente in grado di esprimere completamente il suo essere. Si baciarono cercandosi con le labbra, con la lingua, con il petto e con le gambe; e tutta la bellezza del laghetto, delle cascate, della luna, sparirono in un vortice, lasciando soltanto loro due e la voglia di divorarsi l’un l’altra. Dide trascinò l’uomo fin sulla sponda. Si sdraiò a terra soffrendo per il momentaneo distacco dalla sua bocca e lo tirò a sé. Quando sentì il suo peso e il corpo spigoloso su di lei, fu sconvolta e sorpresa della dimensione di Ly. Sorrise di gioia pura a quel contatto e tentò di guidarlo dentro di sé, mentre l’uomo lupo cercava avidamente la sua bocca ed i suoi seni piccoli e turgidi. Finalmente entrò in lei, e sentì i loro corpi aderire perfettamente, come se il loro posto fosse sempre stato quello; come se fossero nati per arrivare ad unirsi. Lei staccò la bocca da quella di lui e inarcò il corpo all’indietro gemendo di piacere, mentre l’uomo aumentava il ritmo. Il cuore di entrambi esultava di gioia pura, trascinati dall’estasi selvaggia dei corpi. Ly aprì gli occhi alla ricerca di quelli di lei, nel tentativo di esprimere ciò che aveva dentro. Dide lo ricambiò ansimando; il suo sguardo gli diceva che aveva capito. Avrebbe capito qualsiasi cosa. Richiusero entrambi gli occhi abbandonandosi all’insostenibile voglia di possedersi completamente. Il ritmo salì finché ebbero quasi la necessità di liberarsene. Arrivarono all’apice del piacere insieme, in un’esplosione di sensazioni che li lasciò senza fiato. Dopo quell’istante, rimasero abbracciati e inconsapevoli del mondo intero intorno a loro, persi nel tempo e nell’amore che sentivano di provare l’uno per l’altra.

“Ti amo”, sussurrò Ly.

Dide sentì un’ombra passarle davanti agli occhi. Cercò di scacciarla usando tutta la forza che aveva per abbracciare l’uomo lupo. Era stata una cosa talmente bella che aveva bisogno di credere che tutto sarebbe andato bene. “Anch’io” rispose ignorando le lacrime che le bagnavano il viso. Lui la baciò appassionatamente e non riconobbe il dolore della ragazza; chiuse gli occhi e la tirò a sé, perché aveva nuovamente voglia di lei. Quando li riaprì, scopri di essere nuovamente un lupo. Il laghetto era sparito e lui si trovava nuovamente sulla spiaggia in attesa della sua amata.

Dide non sarebbe mai venuta. Era stato tutto un sogno.

 

Ly si sedette sulla riva dell’isola e vide in lontananza la spiaggetta incantata piena di fiori e profumi, e provò nostalgia per tutto quello che aveva perso, e per tutto quello che non aveva mai avuto. Ancora una volta si sentì solo. Dalla lontana spiaggia arrivarono i richiami del branco. Non poté non ascoltare. Delusione ed istinto si mischiarono nelle sue vene e riempirono il cuore di disperazione. Lacrime uscirono dai suoi occhi in mille, e mille gocce, e resero l’acqua del lago salata per sempre. Guardò la spiaggia incantata, prese lo slancio e si gettò nell’acqua rossa come il suo sangue e salata come le sue lacrime. Gli esseri mostruosi lo attendevano senza pietà e cominciarono a dilaniarlo, e lui combatté come sapeva fare, indurendo il cuore perché non cedesse al dolore. Ancora una volta i pesci non riuscirono a divorarlo ma, quando arrivò sulla spiaggia incantata era coperto di ferite su tutto il corpo, ed aveva un pezzo di pietra dura al posto del cuore. I compagni lo trovarono e lo portarono nella tana per curarlo, sperando di sciogliere il peso nel suo petto e i segni sulla sua pelle, ma Ly era diventato come le scaglie dei pesci drago. Pian piano le ferite del corpo guarirono e uscì dalla tana. Sapeva che doppia D lo attendeva alla spiaggia incantata, ma sapeva anche che, se fosse andato, il richiamo dell’isola stavolta l’avrebbe ucciso. Il suo cuore di pietra lo difese dal dolore giorno dopo giorno finché un acquazzone lo sorprese fuori dalla tana. I membri del branco si ripararono, mentre lui rimase sotto la pioggia. Le gocce lavarono le croste delle ferite, entrarono nelle orecchie, penetrarono negli occhi come lacrime al contrario, e Ly sentì il cuore perdere l’asprezza delle scaglie di drago, riprendere a battere e a pompare sangue libero da ogni veleno. Finalmente rialzò il muso e diresse il suo sguardo nuovamente all’orizzonte. Il cielo era percorso da un arcobaleno come non ne aveva mai visti. I suoi colori gli fecero ricordare il soffio leggero e la dolce voce di cui si era innamorato. Veloce come il lampo Ly corse verso la spiaggetta incantata alla ricerca dell’altra parte di sé; percorse il sentiero incurante delle spine, e giunse in riva al lago. Dide era là, dove iniziava l’arcobaleno, adagiata su un fiore. Ly la raccolse con delicatezza e cominciò a cantare la sua canzone. Poi si sedette sulla riva della spiaggetta incantata, guardò l’isola e scoprì che ora poteva resistere al suo richiamo. Dide gli salì su un orecchio e la guardarono insieme.

“Pensi che un giorno riusciremo ad arrivare insieme sull’isola?”

Il lupo si girò ad osservare la farfalla. Il suo cuore batteva forte. “Fa freddo – rispose - Credo proprio che l’inverno stia arrivando.”

Dide alzò gli occhi al cielo guardando i maestosi uccelli che si preparavano a migrare e pensò che, forse, sarebbero riusciti a coronare il loro sogno. Ma il freddo penetrò nel cuore della farfalla, troppo piccolo e fragile per resistere al gelo, e Dide sentì la vita che la abbandonava, allora si aggrappò con tutta la forza che aveva al corpo del suo amato, e morì.

Ly sentì il cuore della farfalla fermarsi e ululò di dolore. Prese la rincorsa per gettarsi nel lago e combattere l’ultima battaglia contro i pesci drago, deciso a spegnere la propria vita. Dalle profondità del lago salì Morlok, il pesce drago più grande di tutti, e spalancò la bocca in attesa di divorare il lupo, ma un attimo prima che Ly toccasse l’acqua, le ali della farfalla, aggrappata al dorso dell’amato, trassero forza dal dolore e dall’amore che li aveva uniti e divennero maestose. Ly si sollevò sull’acqua e volò, metà lupo e metà farfalla, coronando il sogno che aveva fatto quando era lupo e quando era farfalla, prima di diventare uomo. Volò sull’isola e scorse una donna.

 

La ragazza camminava in riva al mare. Il ventre tondo preannunciava un’imminente nascita. Alzò gli occhi al cielo e vide lo splendido uccello. Senza sapere perché, pensò al suo amato che l’attendeva alla grotta, e a cui presto avrebbe dato un figlio. Quel pensiero volava felice e leggero come una farfalla. Senza sapere perché, la donna pensò che il bimbo nel suo grembo sarebbe stato un maschio… e l’avrebbe chiamato Ly.

 
 
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